storia

 

 

Le Olimpiadi Invernali si disputano, come le estive, ogni quattro anni. Fino al 1986 entrambi i Giochi si svolsero nello stesso anno, poi il CIO stabilì di mantenere per le Olimpiadi invernali la cadenza quadriennale, ma interposta a quella delle Olimpiadi estive. Quindi l'edizione di Lillehammer venne anticipata al 1994, due anni dopo quella di Albertville. A differenza dei Giochi olimpici estivi la numerazione delle edizioni è stata interrotta nel periodo bellico e quindi, non essendosi tenute quelle del 1940 e 1944, l'edizione di Sankt Moritz 1948 è considerata la V e non la VII edizione.

Le Olimpiadi invernali hanno un’origine piuttosto avventurosa. I primi giochi invernali sono quelli definiti "Giochi Nordici", che si svolsero per diversi anni dal 1901 in poi quasi sempre in Svezia. L’importanza di questa manifestazione per le nazioni nordiche, che vi concorrevano da sole, fu determinante e portò alla bocciatura della proposta al CIO da parte del conte italiano Eugenio Brunetta d'Usseaux di organizzare una settimana di sport invernali come parte del programma dell’Olimpiade estive del 1912 a Stoccolma.  La stessa idea venne di nuovo proposta per i Giochi del 1916, che si dovevano tenere a Berlino. Venne programmata una settimana di sport invernali con pattinaggio di velocità, pattinaggio di figura (peraltro già presente ai Giochi estivi del 1908), hockey su ghiaccio e sci nordico, ma le Olimpiadi del 1916 vennero cancellate a causa dello scoppio della prima guerra mondiale. 

 

Nelle prime Olimpiadi del dopoguerra, i Giochi del 1920 di Anversa, ricomparve nel programma il pattinaggio di figura, mentre l'hockey su ghiaccio fece il suo debutto olimpico. Al congresso del CIO che si tenne l'anno dopo, si decise che la nazione organizzatrice dell'edizione successiva delle Olimpiadi, la Francia, avrebbe anche ospitato una distinta "Settimana internazionale degli sport invernali", sotto il patrocinio del CIO. Questa settimana si rivelò un grosso successo e nel 1925 il CIO decise di creare una manifestazione separata, i Giochi olimpici invernali, slegati dai Giochi olimpici estivi. Le gare del 1924 di Chamonix vennero retroattivamente designate come la prima Olimpiade invernale alla 25esima sessione del CIO del 1926 a Lisbona.

 

Nel 1928 i Giochi Olimpici Invernali si spostano dalla francese Chamonix alla svizzera Saint-Moritz, una delle più celebrate stazioni sciistiche internazionali, ma dove un'eccezionale innalzamento delle temperature inficiò diverse gare; addirittura nella gara dei 50 km di fondo tra l’inizio e la fine si passò quasi da zero a venticinque gradi. Specchio della moda dei tempi, la sedicenne campionessa norvegese di pattinaggio artistico Sonja Henie - che avrebbe vinto consecutivamente dieci campionati mondiali, sei campionati europei e tre titoli olimpici tra il 1928 e il 1936, risultati non eguagliati finora da nessuna pattinatrice - si inserì nella solennità della cerimonia di chiusura con uno sfrenato charleston sui pattini.

 

La crisi del 1929 sembrò mettere a rischio la contemporanea gestione per gli Stati uniti dei Giochi estivi di Los Angeles e di quelli invernali di Lake Placid del 1932. Anche attraverso l’emissione di buoni olimpici si riuscì a portare a termine l’impresa dell’allestimento degli impianti. Si esplicitò invece l’originaria ostilità di chi, nei i paesi nordici, avrebbe voluto che questi rimanessero esclusivi titolari delle manifestazioni sportive invernali. Ci furono prima di tutto lamentele per la lunga e costosa trasferta oltre Atlantico; poi la rinuncia del campione finlandese del pattinaggio di velocità Clas Thunberg, per protesta contro le nuove regole impo­ste dagli organizzatori statunitensi, come la partenza in linea e non in corsia.

 

La grande storia irrompe nell’edizione del 1936 a Garmisch-Partenkirchen. Nel 1931, quando il CIO assegna i Giochi alla Germania – la cittadina bavarese per gli invernali, Berlino per le estive – non è ancora al potere Adolf Hitler. Diverse nazioni sono pronte al boicottaggio a causa della politica antisemita del regime nazista, in particolare gli USA, che decideranno tuttavia per la partecipazione. D’altra parte in questa occasione lo sport viene prima della politica, se anche la Germania ha richiamato in patria Rudi Ball come capi­tano della squadra di hockey, unico ebreo nella rappre­sentativa tedesca alle Olimpiadi invernali, allontanatosi dal paese d'origi­ne per le persecuzioni razziali.

 

Anche la scelta rassicurante nel 1948 di Saint-Moritz, sede per la seconda volta dei Giochi olimpici (come Londra per i contemporanei giochi estivi), risente dei drammatici eventi internazionali. Vengono esclusele due grandi nazioni sconfitte, Germania e Giappone; l’Italia partecipa in virtù della politica finale nella seconda guerra mondiale e conqui­sta la sua prima medaglia d'oro in un'Olimpiade invernale con la vittoria di Nino Bibbia nello skeleton. Importante novità di questa edizione è l’inserimento quasi al completo delle prove alpine nel programma: discesa libera e slalom, maschile e femminile, oltre alla combinata, che aveva già de­buttato a Garmisch.

 

E finalmente nel 1952 l'Olimpiade giunge nella patria degli sport invernali, la Norvegia. A Oslo vengono riammessi gli atleti tedeschi, mentre i russi partecipano solo alle estive di Helsinki. Viene inserito lo slalom gigante e i 10 km di fondo femminile. Simbolo dei Giochi per i norvegesi il pattinatore Hjalmar Andersen, vincitore di 3 medaglie d'oro nei 1500, 5000 e 10.000 m. Anche l’Italia ha il suo eroe, Zeno Colò, che vince la prima medaglia d’oro italiana nella discesa libera dello sci alpino, Nel complesso una buona prestazione olimpica per il nostro paese.

 

Nel 1956 i Giochi Invernali si spostano nel nostro paese, a Cortina d'Ampezzo (nel 1960 gli estivi saranno a Roma). L’immagine del nostro ultimo tedoforo che inciampa in un cavo televisivo rappresenta vividamente l’ingresso delle telecamere alle Olimpiadi. Oltre ai documentari e ai film, già si erano viste immagini televisive delle Olimpiadi a partire dai Giochi di Berlino del 1936, i primi a essere coperti e trasmessi dalla televisione. Le telecamere della Telefunken irradiarono le immagini registrate ai pochi apparecchi riceventi privati e ad alcuni punti di proiezione pubblici a pagamento. A Londra nel 1948 la BBC pagò una somma elevata per trasmettere in diretta i Giochi nelle case di 80.000 fortunati possessori di televisore. Ma a Cortina nel 1956 (50 ore di trasmissione, 11 telecamere e 14 collegamenti dedicati al solo sci) e a Roma nel 1960 (106 ore di trasmissione, 450 tecnici, 17 telecronisti) ebbe inizio la copertura totale di quanto accadeva sui campi di gara (poi a Tokyo nel 1964 per la prima volta i Giochi vennero trasmessi live in tutto il mondo). Per esigenze televisive, i tecnici della RAI chiedono a Giuliana Minuzzo – prima donna a pronunciare il giuramento olimpico - di ripetere la lettu­ra al di fuori della ce­rimonia ufficiale, per avere un'inquadratura in primo piano oltre alle immagini complessive originali. Da questo momento lo sport conosce una diffusione planetaria eacquistano seguito anche discipline prima considerate minori. Da ricordare in questa edizione è la battuta d’arresto della supremazia canadese nell’hockey ad opera dell’URSS. Nel salto dal trampolino, la squadra finlandese (oro con Antti Hyvàrinen e argento con Aulis Kallakorpi) introduce un nuovo stile aerodinamico, con le braccia tese accanto al corpo, invece che posizionate in avanti come per un tuffo, la tecnica in uso an­cora oggi. Per il nostro paese si segnala la dolorosa assenza di Zeno Colò, squalificato con l’accusa di professionismo.

 

Nel 1960 i Giochi invernali tornano negli Stati Uniti, a Squaw Valley, un piccolo paese nella Sierra Nevada, a 300 km da San Francisco e a 1900 m sul livello del mare. A parte lo smalto dato a questa edizione dalla regia di Walt Disney per le ceri­monie di apertura e di chiusura, l'organizzazione dei Giochi si rivela somma­ria, con impianti ridotti all'essenziale e con visto­si problemi di ricettività. Le condizioni climati­che sono sostanzialmente soddisfacenti, ma non mancano i problemi, tanto che la gara di discesa libera maschile viene posticipata di tre giorni per le pessime condizioni della neve. Il numero dei par­tecipanti, atleti e rappresentative, è decisamente inferiore alla precedente edizione di Cortina, mentre l'insufficienza degli impianti risulta parti­colarmente negativa per una delle discipline più attese, il bob. In realtà, l'allestimento della pista non è minimamente preso in considerazione da­gli organizzatori, che indicano come motivo la scarsa presenza di nazioni partecipanti nella disciplina. Assente quindi il bob dal programma, esordisce il biathlon. Nello slalom maschile abbiamo per la prima l’applicazione il ralenty: i giudici devono fare ri­corso alla registrazione televisiva, effettuata dalla CBS, per accertare se durante la prova un concorrente abbia saltato o meno una porta.

 

Il problema principale dell'Olimpiade invernale di Innsbruck del 1964è l'assenza di neve, al punto che viene mobilitato l'esercito austriaco per estrarre 20.000 I fiocchi di ghiaccio dalla montagna, necessari ad al­lestire le piste di bob e slittino, e trasferire migliaia di metri cubi di neve sulle piste di sci. le novità: per la prima volta nella storia dei Giochi invernali la fiamma olimpica è accesa a Olimpia; viene introdotto nello sci alpi­no il cronometraggio al centesimo di secondo. Le donne sono grandi protagoniste. In particolare si ricordano nello sci di fondo,la sovietica Klavdija Bojarskich realizza l'en plein, vincendo l'oro nelle tre prove in programma; nel pattinaggio di velocità Lidiya Skoblikova, anche lei sovietica , è la prima donna a vincere tutte e quattro le gare di velocità nella stessa edizione. L’italiano Eugenio Monti è il primo atleta a vincere la medaglia De Coubertin per aver prestato un bullone all'equipaggio inglese di bob, permettendo loro di correre la gara e di vincerla, con alle spalle proprio i due equipaggi italiani.

La Francia ospita di nuovo un'edizione olimpica invernale nel 1968 a Grenoble, la prima trasmes­sa a colori dalla televisione. Un’altra novità è il test della femminilità a cui vengono sottoposte le atlete. Di questa edizione piace ricordare che l’Italia ottiene il quarto posto nel medagliere, miglior piazzamento mai raggiunto ai Giochi invernali, grazie alla medaglia d’oro di Franco Nones nella 30Km dello sci di fondo, al tanto atteso coronamento di Eugenio Monti, oro nel bob a 2 e a 4, all’inattesa vittoria di Erika Lechner nello slittino, dopo la squalifica delle tre concorrenti della Germania Est, che hanno violato il regolamento, riscal­dando subito prima delle partenze i pattini degli slit­tini per favorire la discesa. Attraverso un’altra squalifica, molto contestata e combattuta all’interno della giuria, viene assegnata la vittoria nello slalom speciale al francese Killi sull’austriaco Schranz, squalificato per aver saltato una porta: il plurimedagliato campione protestò dicendo di essere stato disturbato da un addetto alla pista e ottenne di ripetere la discesa, ma la giuria confermò la squalifica in via definitiva. Come vedremo gli andò peggio quattro anni dopo.

I Giochi organizzati nel 1972 a Sapporo, città dell'isola di Hokkaido, nella zona settentrionale del Giappone, sono i primi invernali disputati nel­l'Estremo Oriente. Nei giorni che precedono l'inaugurazione, presieduta dall'anziano imperato­re Hirohito, tiene banco la polemica sull'antica questione dilettantismo-professionismo. Ne fa le spese per tutti l'austriaco Karl Schranz, uno dei favo­riti nella discesa libera, che alla vigilia viene espulso dal CIO con l'accusa di aver ricevuto del denaro da una casa produttrice di sci. Sulle piste olimpiche dello sci alpino fa la sua prima apparizione uno degli atleti protagonisti della disciplina nella seconda metà del secolo, Gustav Thöni, capofila della cosiddetta «Valanga azzurra», la squadra che dominerà lo sci nella prima metà degli anni Settanta. Thöni conquista l’oro nello slalom gigante e l’argento nello slalom speciale. Nelle gare di pattinaggio, l'olandese Ard Schenk mette a segno una tripletta, vincendo 1500, 5000 e 10.000m. Di rilievo, a Sapporo, l'assenza della squadra canadese di hockey, per protesta contro il professionismo mascherato degli atleti dell'Unione Sovietica e dell'Europa dell'Est. I padroni di casa hanno il loro momento di gloria con tre giapponesi ai primi posti nel salto dal trampolini da 70m..

I Giochi invernali del 1976, in un primo momento, sono assegnati alla città di Denver, negli Stati Uni­ti, ma la popolazione dello stato del Colorado de­cide di esprimere la propria opinione attraverso un referendum: il 15 novembre 1972 vota contro l'impiego di denaro pubblico per l'allestimento delle strutture necessarie all'Olimpiade. Nel feb­braio successivo, il CIO decide quindi per il trasferi­mento dei Giochi in Austria, a Inns­bruck, sede già nel 1964 e dunque attrezzata. Nel medagliere domina l'Unione Sovietica, molto staccata dalle altre nazioni. Nello slalom speciale trionfo dell’Italia conl’oro di Piero, Gros e l’argento di Gustav Thöni, che conquista anche l’oro nella combinata nordica, e l’argento di Claudia Giordani, in una gara contrassegnata da così tante squalifiche che si hanno sole 19 atlete classificate fra le 42 partenti. Per la quarta volta consecutiva l'Unione Sovietica conquista il torneo di hockey, disertato da canadesi e svedesi.

In seguito al ritiro di Vancouver prima della vota­zione finale, nel 1980 i Giochi invernali tornano, dopo l'edizione del 1932, a Lake Placid, stato di New York. Lo scenario politico internazionale è scosso dall'invasione sovietica in Afghanistan e cresce il timore che, come forma di protesta, gli Stati Uni­ti boicottino i Giochi estivi di Mosca. Premonitri­ce, in tal senso, una dichiarazione del presidente USA Jimmy Carter pronunciata di fronte alla squadra di hockey su ghiaccio, ricevuta con tutti gli onori alla Casa Bianca dopo la medaglia d'oro conquistata anche grazie a una significativa vitto­ria per 4 a 3 sull'Unione Sovietica. Tra i fatti sa­lienti dell'edizione statunitense, l'eccezionale se­rie di vittorie nel pattinaggio di velocità del ven­tunenne Eric Heiden, nato nel Wisconsin ma di origini scandinave, che realizza un'impresa senza precedenti: 5 medaglie d'oro , 4 record olimpici e record del mondo nei 10.000 m. Nello sci alpino regna Ingmar Stenmark. Vincitore di 14 slalom giganti consecutivi di Coppa del mondo prima dell'Olimpiade, lo sve­dese è terzo dopo la prima manche, ma si scatena nella seconda, segnando un tempo inferiore di quasi 1" rispetto a quello dei suoi principali av­versari. Tre giorni dopo concede il bis nello spe­ciale, risalendo dal quarto al primo posto grazie a un'eccezionale seconda manche. Nello sci nordico emerge la figura del so­vietico Nikolaj  Zimjatov, oro nella 30, nella 50 km e nella staffetta 4x10 km.

Se in altre edizioni , come abbiamo visto, la scarsa neve ha rappresentato un ovvio problema, ai Giochi di Sarajevo nel 1984 le forti nevicate crearono difficoltà nei trasporti e continui aggiornamenti delle gare, come nella discesa libera, rinviata più volte e disputata con una settimana di ritardo rispetto alla data stabilita. Lo sloveno Jure Franko consegna alla Iugoslavia la prima medaglia della sua storia alle Olimpiadi invernali, conquistando l'argento nello slalom gigante. E’ anche la volta della prima medaglia d’oro femminile, conquistata da Paola Magoni nello slalom speciale. Nello sci di fondo, la finlandese Marja-Liisa HämäläinenKirvesniemi, unica donna presente in sei edizioni dell'Olimpiade invernale dal ’76 al ’94, stabilisce un record trionfando in tutte le prove individuali (5, 10 e 20 km). In questa edizione esordisce anche la tedesca orientale Katarina Witt che vince la sua prima medaglia d'oro nel pattinaggio artistico; sei volte campionessa europea, quattro volte del mondo, bisserà l’oro ai Giochi invernali successivi.

Nel 1988 finalmente i canadesi organizzano l’Olimpiade invernale, quelli dei loro sport d’elezione, a casa loro. Un’edizione impegnativa perché per la prima volta il programma ha una durata non di 13 ma di 16 giorni grazie all'ingresso di nuove specialità nello sci alpino, nella combinata nordica e nel salto dal trampolino. La cittadina di Calgary si caratterizza per la grande partecipazione popolare di tutta la comunità alla riuscita della manifestazione, inalterata nei giorni anche se fu deludentissimo il medagliere canadese. Ci fu poi il problema non della neve, abbondante sulle piste sciistiche, ma del vento, noto con il nome indiano di cheenox, che portava abitualmente polvere e terriccio sulla città e trasformò le piste del bob e dello slittino in sentieri di sabbia, con rinvio e cancellazione di molte prove. Ma oltre la dimensione locale, si registra anche l’aumento dell’impatto dei media ormai a livello delle Olimpiadi estive, sia per la copertura degli eventi sia per la creazione di idoli, con conseguente impennata nell’interesse e nella pratica per gli sport invernali. Tra gli atleti più seguiti a livello mediatico - oltre alla pattinatrice tedesca orientale Katerian Witt, già stella di Sarajevo per la bellezza e la bravura - emerge il nostro Alberto Tomba, che conquista l’oro nello slalom gigante e nella emozionante gara di slalom speciale, iniziando così una trionfale carriera che lo ha portato ad essere il terzo sciatore di sempre per numero di successi dopo Ingemar Stenmark e Hermann Maier.

I Giochi francesi di Albertville del 1992 sono particolarmente interessanti per la geostoria. Sono i primi disputati dopo la caduta del Muro di Berlino. La Germania schiera un'unica squa­dra. In attesa dell'ufficializzazione dei nuovi Comitati olimpici, i Paesi dell'ex Unione Sovietica si presentano come CSI (Comunità degli stati indi­pendenti), sfilando sotto la bandiera del CIO, con l'inno olimpico a rappresentarli sul podio durante le cerimonie di premiazione. Tornano le tre Re­pubbliche baltiche: Estonia e Lettonia partecipa­no per la prima volta dopo l'ultima apparizione avvenuta nel 1936, mentre la Lituania mette fine a un'assenza che dura dal 1928. In seguito alla disgregazione della Iugoslavia, sono presenti le rap­presentative di Croazia e Slovenia. Per l'ultima volta, i Giochi invernali si svolgono nello stesso anno di quelli estivi: alla base del cambiamento, il desiderio del CIO di caratterizzare maggiormente i due eventi e sfruttare al meglio i colossali interes­si economici legati ai proventi pubblicitari e tele­visivi. Il programma viene ulteriormente ampliato con l'ingresso ufficiale del free­style, dello short track e del biathlon femminile. Su 57 gare in calendario, solo 18 vengono disputate ad Albert­ville, con le altre distribuite in varie località della Savoia. La squadra italiana si dimostra alta­mente competitiva in numerose specialità: AlbertoTomba, già medaglia d'oro nel 1988 a Calgary, realizza il bis nello slalom gigante, compiendo così un'impresa mai riusci­ta in precedenza nella storia dello sci alpino, vin­cere cioè la stessa gara in due edizioni consecutive dei Giochi; Deborah Compa­gnoni conquista il titolo olimpico nel supergi­gante; nella combinata primo e secondo posto di Josef Polig e Gianfranco Martin;, un'impresa storica viene realizzata da Stefania Belmondo, prima atleta italiana a vincere una medaglia olim­pica nello sci nordico nella 30 km di fondo, nonché la la medaglia d'argento nella prova a inseguimento e il bronzo nella staffetta 4x5 km.